Aprire una Partita iva per vendere online è diventato quasi un obbligo anche per chi ha già
un'attività ben avviata, con uno o più sedi fisiche, e il periodo in cui abbiamo
vissuto fino a qualche tempo fa ha ulteriormente dimostrato che questa tendenza
sia qualcosa di concreto.
Se un'attività è costretta a chiudere la sede fisica per due mesi, la
conseguenza è quella di non avere più nè clienti, nè entrate e, in qualche caso,
a rischio fallimento.
Affiancare il commercio elettronico a quello tradizionale può salvare dalla
bancarotta e addirittura far acquisire più clientela.
Anche i principianti che vogliono impegnarsi in questo tipo di attività saranno
felici della possibilità non solo di trovare lavoro, bensì di poter operare
direttamente dalla propria casa.
Così facendo, si possono conciliare famiglia e guadagni in caso di lavoro
principale, oppure creare un guadagno "extra".
Tuttavia, molte persone ignorano totalmente gli obblighi che il Fisco italiano
impone a chi intraprende la strada dell'e-commerce, aprendo una partita iva per vendere online, molte volte con conseguenze
veramente onerose.
Purtroppo, in Italia anche se si inizia con Amazon FBA o praticando il
dropshipping o drop ship, si devono adempire obblighi fiscali e
amministrativi in modo che l'Agenzia delle Entrate non dia problemi.
In primis, il nodo da sciogliere è chiarire quando bisogna assolutamente aprire
una Partita IVA.
La definizione italiana della parola inglese e-commerce è quella di vendita
di un prodotto o un servizio servendosi della tecnologia informatica, ovvero
mediante Internet attraverso varie modalità che possono essere una pagina web
propria, dei siti appositi di vendita/aste online o anche attraverso dei social
network.
La legge che regola il commercio elettronico è il d.lgs. n. 114/98 proposta dal
politico Pier Luigi Bersani e poi approvato.
Questo decreto stabilisce che questo tipo di attività sia equiparabile a quella
della vendita al dettaglio, in quanto è la naturale evoluzione e adeguamento
delle vendite per corrispondenza, vendita su catalogo e vendita tramite annunci
pubblicitari in TV , radio o altri mezzi di comunicazione.
Non ci vuole molto a capire che chi vuole intraprendere questa carriera deve
essere a conoscenza di certi obblighi burocratici e fiscali.
Il primo passo da compiere appena si arriva alla decisione di intraprendere
un'attività di commercio online è quella di comunicarne l'apertura al Comune di
residenza (se si tratta di persona fisica) o della sede legale della stessa, di
questo se ne occuperà
Contabilità Fiscale
Una volta data comunicazione, si aspettano 30 giorni dal ricevimento della
stessa e poi si può aprire il proprio business.
Capita a volte che gli organi competenti richiedano delle autorizzazioni
aggiuntive, pertanto, prima della compilazione di ogni tipo di modulo, chi vorrà
aprire un negozio online dovrà chiedere informazioni in merito al settore dei
prodotti dello stesso, denominato "merceologico", sarà compito di
Contabilità Fiscale occuparsi di
questi adempimenti, se necessari.
Esempi comuni di autorizzazioni obbligatorie si hanno nella vendita di alimenti,
di armi da fuoco o di prodotti combustibili.
Oltre ad esse, si devono tenere conto di eventuali autorizzazioni sanitarie e
certificazioni HACCP. Al comma 2 dell'articolo 5 vengono approfonditi i
requisiti minimi professionali e personali per ogni categoria merceologica.
Ci sono tre fasi per avere la Partita IVA e vendere online beni e/o servizi.
In primis, bisogna definire l'attività che si vuole intraprendere identificando
la stessa con il codice ATECO, un codice composto da caratteri alfanumerici.
E' diventata consuetudine identificare questa tipologia di attività commerciale
con il codice ATECO 47.91.10 in quanto definisce il commercio al dettaglio di
prodotti via Web, anche se ci sono delle eccezioni. La consulenza di
Contabilità Fiscale sarà la chiave per categorizzare l'attività, ma anche
per adempiere agli obblighi come la richiesta delle autorizzazioni, di
concessioni e di documentazioni obbligatorie prima di aprire la propria ditta
virtuale.
Inoltre, il codice ATECO determina non solo la gestione imprenditoriale, bensì
anche le deduzioni e le agevolazioni che si possono richiedere in ambito
fiscale.
Altro fattore fondamentale è scegliere la forma giuridica: si può scegliere di
costituire una ditta individuale, una società di persone (SAS, SNC), o società
di capitali (SAPA, SPA, SRL).
La differenza tra le varie categorie dipende dalle responsabilità legali, dai
benefici fiscali di cui si ha diritto, dalle dimensioni dell'organizzazione
stessa ( cambia se ci si mette in gioco da soli o con altre persone), da quanto
capitale si vorrà investire e così via.
Si continua con la scelta del regime fiscale: il Belpaese ha due regimi fiscali
chiamati forfettario e ordinario.
Il primo è destinato a chi ha optato per una ditta individuale, mentre il
secondo è obbligatorio per le società.
I lavoratori autonomi non sono obbligati a comunicare la scelta all'Agenzia
delle Entrate, a differenza degli altri casi.
Tra tutti, il regime fiscale determina il versamento o meno dell'imposta sul
valore aggiunto allo Stato.
Dopo aver portato a termine i passaggi precedenti, arriva il momento per
l'imprenditore di occuparsi delle questioni formali.
Si deve presentare al SUAP del Comune di residenza o della sede legale della
società la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).
Questo significa che, in caso che ci sia già presente un negozio fisico e si
abbia già Partita IVA, si debba ripresentare la comunicazione indicando la
presenza del negozio virtuale di affiancamento.
Si deve compilare non solo in caso di inizio di un'attività produttiva, bensì
anche in caso di modifica o chiusura della stessa.
Dopodichè, si procede con l'iscrizione all'INPS e al Registro delle Imprese.
Il commercio elettronico fa parte delle attività commerciali, pertanto, se
viene svolto in modo continuativo e normale, esiste l'obbligo dell'IVA,
specialmente se si è creata o si vuole creare nel tempo una organizzazione tale
da denominarsi impresa.
Tuttavia, esistono casi specifici in cui non c'è questo obbligo per il
negoziante online, ossia quando l'attività è compiuta in maniera occasionale.
Ad esempio, la maestra o lo studente universitario che impartiscono delle
ripetizioni di determinate materie.
Questo è un servizio che non viene considerato lavoro principale, a patto che
l'ammontare dei compensi di un intero anno solare non superino la soglia dei
5000 Euro e che l'opera o il servizio non venga erogato per più di 30 giorni
allo stesso committente.
Questo è un punto da tenere in evidenza: il limite di 5000 Euro non è il solo
fattore decisivo per l'apertura della Partita IVA.
Qualora l'attività di vendita via Internet viene considerata abituale, quindi il
soggetto in questione si applica in maniera costante allo scopo di incrementare
il suo business, ha l'obbligo di aprire Partita IVA anche se non sta guadagnando
nulla.
Altro fattore determinante è anche il modo in cui si esercita tale attività in
caso di vendita di beni o di servizi online.
Ad esempio, se si vuole vendere la cucina vecchia perchè si è comprata una nuova
e si posta l'annuncio su portali specifici come Ebay o Subito.it, in quanto
attività da considerarsi sporadica, però da regolare con una ricevuta non
fiscale e soprattutto con la tracciabilità dei pagamenti.
Diverso il discorso se si vogliono vendere costantemente pezzi di arredamento e
complementi di arredo.
In questo caso, l'attività è considerata commerciale e viene paragonata il tutto
e per tutto a un negozio reale, quindi è obbligatoria l'apertura della Partita
IVA.
Abbiamo già parlato della possibilità di vendita in uno dei tanti marketplace
presenti sul Web, e Amazon non è da meno.
L'e-commerce più famoso a livello mondiale dà la possibilità a coloro che
vogliono vendere i propri prodotti gestendo la logistica con le funzioni FBA, o
semplicemente inserendo gli stessi all'interno della vetrina.
Con la sigla FBA si intende semplicemente la logistica messa a disposizione
dallo stesso portale: chi aderisce al servizio invia i prodotti dal fornitore
alla logistica di Amazon in modo diretto, evitando i costi di magazzino e di
spedizione che, di solito, ricadono sulla clientela e fanno incrementare il
prezzo finale.
Anche in questo caso l'attività viene considerata primaria, organizzata e
operante in maniera continuativa, nonostante non abbia un magazzino proprio in
cui gestire gli ordini.
Il suggerimento è di ponderare molto bene se aderire o meno a questo servizio
erogato da questo sito di vendita online, in quanto gli obblighi fiscali sono da
rispettare anche nel caso in cui si voglia vendere anche un solo bene.
Stesso discorso per quanto riguarda il regime di dropshipping: questa soluzione
è quella più usata in quanto permette di investire anche un capitale molto basso
e non si ha la possibilità di poter avere o tenere sotto controllo un magazzino
proprio.
Questa tipologia di commercio elettronico consiste nell'inserire nel proprio
e-store o in un marketplace determinati prodotti, pur non avendoli fisicamente
nella sede legale o in un magazzino.
Sarà il fornitore con cui l'imprenditore sarà in contatto a spedire gli stessi
una volta che riceverà l'ordine da parte della clientela.
Il cliente dovrà solo selezionare i vari beni, terminare la transazione
aggiungendo dati di pagamento e indirizzo di spedizione della merce.
Inutile sottolineare che essa è considerata attività commerciale a tutti gli
effetti e il titolare è obbligato a possedere Partita IVA.
A differenza dei negozi fisici, le persone impegnate in attività di
e-commerce non hanno l'obbligo di emettere ricevuta, basterà solo avere traccia
di tutte le transazioni avvenute mediante strumenti elettronici e sistemi di
pagamento tracciabili.
Tuttavia, in Italia vige l'obbligo della fatturazione elettronica dal 1 gennaio
2018 e molti commercianti, avendo anche un negozio fisico, preferiscono emettere
documento fiscale elettronico, anche perchè dal 1 gennaio 2020 vige l'obbligo di
trasmissione dei corrispettivi al Fisco anche per chi ha dei ricavato una cifra
minore di 400mila Euro.
Chi è titolare del negozio online dovrà impegnarsi a registrare tutte le
transazioni avvenute (chiamate corrispettivi giornalieri), annotando gli incassi
della giornata come se fosse un negozio reale.
Sul totale, si dovrà stornare l'IVA e procedere al versamento allo Stato entro
le scadenze previste: l'ago della bilancia sarà il regime fiscale.
Chi è in regime forfettario ha l'esonero del versamento dell''imposta, col
grande vantaggio di non addebitarla al cliente finale.
Il maggiore vantaggio dell'apertura di un negozio virtuale su Internet è
quello di far conoscere i propri prodotti o servizi a livello mondiale, quindi
la possibilità concreta di vendere al di fuori dell'Italia.
In questo caso, le operazioni si dividono in extracomunitarie e
intracomunitarie.
Per quanto riguarda la seconda categoria, si intendono tutte le operazioni tra
due soggetti residenti in due Paesi UE diversi che riguardano l'acquisto o la
vendita di determinati beni , ovvero prestare dei servizi o il ricevimento degli
stessi sempre nell'ambito dell'UE.
Nel caso della vendita di beni a livello intracomunitario, l'IVA dovrà essere
assolta dal Paese di destinazione qualora la cessione sia tra operatori
economici o B2B, mentre in caso di consumatori privati (B2C), l'IVA dovrà essere
assolta nel Paese di origine.
Può capitare che l'operazione sia non imponibile a livello soggettivo od
oggettivo.
Nel primo caso, entrambi i soggetti devono avere Partita IVA ed essere residenti
in due diversi Stati UE iscritti alla banca dati delle Partite IVA europee,
mentre nel secondo caso, si deve comprovare la transazione e quindi il
trasferimento di proprietà del bene dietro compenso.
Esiste anche il requisito della territorialità: significa che il bene dovrà
essere esportato fisicamente al di là dei confini territoriali mediante relativa
certificazione ( documento di trasporto, certificato di assicurazione della
spedizione, contratto di spedizione e simili).
La mancanza di uno solo di questi requisiti comporterà l'applicazione dell'IVA
in fattura e non potrà riportare la dicitura seguente:
"operazione non imponibile ai sensi dell'art art. 41 D.L. 331/1993"
Diverso il discorso se si parla di comprare prodotti nei Paesi UE: gli acquisti
intracomunitari seguono le regole del regime italiano IVA.
L'imprenditore italiano che riceverà la fattura senza IVA dovrà pertanto
procedere alla numerazione della fattura del fornitore comunitario e integrare
l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto secondo l'aliquota in vigore per
quella operazione specifica ( REVERSE CHARGE); procedere al registro del
documento fiscale sia nel registro delle fatture ricevute, sia in quello delle
fatture emesse ( al fine di poter procedere a liquidare l'imposta).
Di norma, in questo caso si procede alla tassazione del Paese in cui si
consuma l'operazione. Si parla di B2B quando l'operazione è intercorsa tra
soggetti IVA con residenza in diversi Stati Europei: in questo caso, l'imposta
la determina il Paese di residenza di chi richiede il servizio.
Mentre nel caso dei B2C, l'operazione viene erogata a soggetti senza Partita IVA
e quindi l'imposta sarà determinata dal luogo di residenza di chi presta il
servizio.
In caso di un cosiddetto committente passivo IVA con residenza in altro Paese
UE, il soggetto italiano emetterà fattura senza applicare l'imposta, ma con
l'obbligo di trascrivere questa dicitura:
"Reverse Charge ai sensi dell'art. 7-ter del Dpr 633/72".
Se la cessione di un servizio è destinata a un consumatore finale, la stessa
verrà tassata nel paese di residenza di chi presta il servizio, seguendo la
relativa normativa IVA.
Se il servizio è ricevuto da un fornitore situato in un determinato Paese
Europeo, il fornitore del servizio deve emettere una fattura che non include
l'IVA ma con la dicitura sopra riportata.
Quando la controparte riceverà la fattura, dovrà integrarla con l'aliquota
italiana e registrare il documento fiscale e l'imposta, come nel caso della
fattura di acquisto di beni intracomunitari.
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